Pinocchio


Pubblicato in: Varie

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Cecilio

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Quale libro ha tanti animali come il nostro caro Pinocchio? Dal grillo all'asino, dalla balena al gatto e la volpe, Collodi ha sicuramente dato agli animali un ruolo molto importante per scrivere la sua storia... Gli animali sono personaggi ma hanno anche una connotazione di comparazione con l'uomo...

Iniziamo dall'episodio del grillo-parlante.....

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La storia di Pinocchio col Grillo-parlante, dove si vede come i ragazzi cattivi hanno a noia di sentirsi correggere da chi ne sa più di loro.


Vi dirò dunque, ragazzi, che mentre il povero Geppetto era condotto senza sua colpa in prigione, quel monello di Pinocchio, rimasto libero dalle grinfie del carabiniere, se la dava a gambe giù attraverso ai campi, per far più presto a tornarsene a casa; e nella gran furia del correre saltava greppi altissimi, siepi di pruni e fossi pieni d'acqua, tale e quale come avrebbe potuto fare un capretto o un leprottino inseguito dai cacciatori. Giunto dinanzi a casa, trovò l'uscio di strada socchiuso. Lo spinse, entrò dentro, e appena ebbe messo tanto di paletto, si gettò a sedere per terra, lasciando andare un gran sospirone di contentezza.

Ma quella contentezza durò poco, perché sentì nella stanza qualcuno che fece:

- Crì -crì -crì !

- Chi è che mi chiama? - disse Pinocchio tutto impaurito.

- Sono io!

Pinocchio si voltò e vide un grosso Grillo che saliva lentamente su su per il muro.

- Dimmi, Grillo: e tu chi sei?

- Io sono il Grillo-parlante, ed abito in questa stanza da più di cent'anni.

- Oggi però questa stanza è mia, - disse il burattino, - e se vuoi farmi un vero piacere, vattene subito, senza nemmeno voltarti indietro.

- Io non me ne anderò di qui, - rispose il Grillo, - se prima non ti avrò detto una gran verità.

- Dimmela e spicciati.

- Guai a quei ragazzi che si ribellano ai loro genitori e che abbandonano capricciosamente la casa paterna! Non avranno mai bene in questo mondo; e prima o poi dovranno pentirsene amaramente.

- Canta pure, Grillo mio, come ti pare e piace: ma io so che domani, all'alba, voglio andarmene di qui, perché se rimango qui, avverrà a me quel che avviene a tutti gli altri ragazzi, vale a dire mi manderanno a scuola e per amore o per forza mi toccherà studiare; e io, a dirtela in confidenza, di studiare non ne ho punto voglia e mi diverto più a correre dietro alle farfalle e a salire su per gli alberi a prendere gli uccellini di nido.

- Povero grullerello! Ma non sai che, facendo così, diventerai da grande un bellissimo somaro e che tutti si piglieranno gioco di te?

- Chetati. Grillaccio del mal'augurio! - gridò Pinocchio. Ma il Grillo, che era paziente e filosofo, invece di aversi a male di questa impertinenza, continuò con lo stesso tono di voce:

- E se non ti garba di andare a scuola, perché non impari almeno un mestiere, tanto da guadagnarti onestamente un pezzo di pane?

- Vuoi che te lo dica? - replicò Pinocchio, che cominciava a perdere la pazienza. - Fra tutti i mestieri del mondo non ce n'è che uno solo, che veramente mi vada a genio.

- E questo mestiere sarebbe?...

- Quello di mangiare, bere, dormire, divertirmi e fare dalla mattina alla sera la vita del vagabondo.

- Per tua regola, - disse il Grillo-parlante con la sua solita calma, - tutti quelli che fanno codesto mestiere finiscono sempre allo spedale o in prigione.

- Bada, Grillaccio del mal'augurio!... se mi monta la bizza, guai a te!

- Povero Pinocchio! Mi fai proprio compassione!...

- Perché ti faccio compassione?

- Perché sei un burattino e, quel che è peggio, perché hai la testa di legno.

A queste ultime parole, Pinocchio saltò su tutt'infuriato e preso sul banco un martello di legno lo scagliò contro il Grillo-parlante. Forse non credeva nemmeno di colpirlo: ma disgraziatamente lo colse per l'appunto nel capo, tanto che il povero Grillo ebbe appena il fiato di fare crì -crì -crì , e poi rimase lì stecchito e appiccicato alla parete.

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L'ha stecchito....


In questo caso perchè la scelta del grillo? Beh innanzitutto per la simpatia che emana questo insetto e poi perchè i maschi emettono dei suoni simili al canto, quindi diciamo che amano colloquiare, una specie di grillo viene infatti definita Grillo canterino... Il grillo domestico o del focolare ( Grillus domesticus), vive invece nelle case di città e di campagna, nei magazzini, nelle stalle... trova quindi nel laboratorio di Mastro Geppetto un habitat perfetto...

Perchè dunque la scelta del grillo, un grillo saggio che ricorda a Pinocchio i suoi doveri?

A voi la parola...




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[ Questo Messaggio è stato Modificato da: Cecilio il 29-04-2009 12:11 ]

anto-lucy-lucky

bella domanda... sinceramente non me lo sono mai chiesto.
sicuramente ci deve essere qualche legenda legata alla tradizione popolare che assegna al grillo qualche ruolo. per esempio sappiamo che la cicala è sfaticata, la formica laboriosa, il grillo sarà...saggio?


marcel

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Firenze, la Festa del Grillo.

La festa deriva dalle antiche festività pagane che celebravano l'arrivo della primavera. In seguito la città festeggiava il mese di maggio con il "Calendimaggio": i giovani ornavano di fiori le porte o le finestre delle loro fidanzate, e donavano loro un grillo in una piccola gabbia di fusti di saggina. Nella tradizione popolare, infatti, il grillo "canterino" era considerato un portafortuna e un nume tutelare del focolare domestico.

In passato la festa rappresentava un evento importante per i componenti della famiglia fiorentina. I preparativi iniziavano alcuni giorni prima e la mattina dell'Ascensione era tutto un via-vai di gente in cammino verso il grande parco sull'Arno. Dopo aver scelto il punto dove trascorrere la giornata, ognuno della famiglia si metteva all'opera e insieme davano inizio al vero scopo della giornata: dare la caccia e possibilmente catturare almeno un grillo.
Nel pomeriggio l'avvenimento più importante era il passaggio delle carrozze granducali e delle famiglie più in vista della città. A sera il mesto e stanco ritorno a casa.
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Cecilio

Ecco, vedi Anto, Marcel ci ha fornito una delle risposte... non sapevo di questa festa ma Collodi doveva conoscerla bene da buon fiorentino...

Penso anche che Collodi abbia scelto il grillo per il suo canto continuo e insistente, chi meglio di un grillo poteva rappresentare la propria coscienza che ti martella la mente ad ogni istante?

Cecilio

E ecco l'incontro tra Pinocchio e il Gatto e la Volpe... Un gatto cieco e una volpe zoppa, due veri ceffi

Certo Collodi, tra i tanti animali, non poteva scegliere meglio di così per rappresentare la furbizia, l'intelligenza, la maestria nell'incantare gli altri... Che accoppiata vincente!

E, probabilmente, è il grillo parlante a ricomparire sotto le spoglie del Merlo bianco ma anche lui non fa una bella fine finendo tra le grinfie del gatto...



Il burattinaio Mangiafoco regala cinque monete d'oro a Pinocchio, perché le porti al suo babbo Geppetto: e Pinocchio, invece, si lascia abbindolare dalla Volpe e dal Gatto e se ne va con loro

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Il giorno dipoi Mangiafoco chiamò in disparte Pinocchio e gli domandò:

- Come si chiama tuo padre?

- Geppetto.

- E che mestiere fa?

- Il povero.

- Guadagna molto?

- Guadagna tanto, quanto ci vuole per non aver mai un centesimo in tasca. Si figuri che per comprarmi l'Abbecedario della scuola dovè vendere l'unica casacca che aveva addosso: una casacca che, fra toppe e rimendi, era tutta una piaga.

- Povero diavolo! Mi fa quasi compassione. Ecco qui cinque monete d'oro. Vai subito a portargliele e salutalo tanto da parte mia.

Pinocchio, com'è facile immaginarselo, ringraziò mille volte il burattinaio, abbracciò, a uno a uno, tutti i burattini della Compagnia, anche i giandarmi: e fuori di sé dalla contentezza, si mise in viaggio per tornarsene a casa sua.

Ma non aveva fatto ancora mezzo chilometro, che incontrò per la strada una Volpe zoppa da un piede e un Gatto cieco da tutt'e due gli occhi, che se ne andavano là là, aiutandosi fra di loro, da buoni compagni di sventura. La Volpe che era zoppa, camminava appoggiandosi al Gatto: e il Gatto, che era cieco, si lasciava guidare dalla Volpe.

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- Buon giorno, Pinocchio, - gli disse la Volpe, salutandolo garbatamente.

- Com'è che sai il mio nome? - domandò il burattino.

- Conosco bene il tuo babbo.

- Dove l'hai veduto?

- L'ho veduto ieri sulla porta di casa sua.

- E che cosa faceva?

- Era in maniche di camicia e tremava dal freddo.

- Povero babbo! Ma, se Dio vuole, da oggi in poi non tremerà più!...

- Perché?

- Perché io sono diventato un gran signore.

- Un gran signore tu? - disse la Volpe, e cominciò a ridere di un riso sguaiato e canzonatore: e il Gatto rideva anche lui, ma per non darlo a vedere, si pettinava i baffi colle zampe davanti.

- C'è poco da ridere, - gridò Pinocchio impermalito. - Mi dispiace davvero di farvi venire l'acquolina in bocca, ma queste qui, se ve ne intendete, sono cinque bellissime monete d'oro.

E tirò fuori le monete avute in regalo da Mangiafoco.

Al simpatico suono di quelle monete la Volpe, per un moto involontario, allungò la gamba che pareva rattrappita, e il Gatto spalancò tutt'e due gli occhi, che parvero due lanterne verdi: ma poi li richiuse subito, tant'è vero che Pinocchio non si accorse di nulla.

- E ora, - gli domandò la Volpe, - che cosa vuoi farne di codeste monete?

- Prima di tutto, - rispose il burattino, - voglio comprare per il mio babbo una bella casacca nuova, tutta d'oro e d'argento e coi bottoni di brillanti: e poi voglio comprare un Abbecedario per me.

- Per te?

- Davvero: perché voglio andare a scuola e mettermi a studiare a buono.

- Guarda me! - disse la Volpe. - Per la passione sciocca di studiare ho perduto una gamba.

- Guarda me! - disse il Gatto. - Per la passione sciocca di studiare ho perduto la vista di tutti e due gli occhi.

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In quel mentre un Merlo bianco, che se ne stava appollaiato sulla siepe della strada, fece il solito verso e disse:

- Pinocchio, non dar retta ai consigli dei cattivi compagni: se no, te ne pentirai!

Povero Merlo, non l'avesse mai detto! Il Gatto, spiccando un gran salto, gli si avventò addosso, e senza dargli nemmeno il tempo di dire ~ohi~ se lo mangiò in un boccone, con le penne e tutto.

Mangiato che l'ebbe e ripulitasi la bocca, chiuse gli occhi daccapo e ricominciò a fare il cieco, come prima.

- Povero Merlo! - disse Pinocchio al Gatto, - perché l'hai trattato così male?

- Ho fatto per dargli una lezione. Così un'altra volta imparerà a non metter bocca nei discorsi degli altri.

Erano giunti più che a mezza strada, quando la Volpe, fermandosi di punto in bianco, disse al burattino:

- Vuoi raddoppiare le tue monete d'oro?

- Cioè?

- Vuoi tu, di cinque miserabili zecchini, farne cento, mille, duemila?

- Magari! E la maniera?

- La maniera è facilissima. Invece di tornartene a casa tua, dovresti venire con noi.

- E dove mi volete condurre?

- Nel paese dei Barbagianni.

Pinocchio ci pensò un poco, e poi disse risolutamente:

- No, non ci voglio venire. Oramai sono vicino a casa, e voglio andarmene a casa, dove c'è il mio babbo che m'aspetta. Chi lo sa, povero vecchio, quanto ha sospirato ieri, a non vedermi tornare. Pur troppo io sono stato un figliolo cattivo, e il Grillo-parlante aveva ragione quando diceva: "I ragazzi disobbedienti non possono aver bene in questo mondo". E io l'ho provato a mie spese, Perché mi sono capitate dimolte disgrazie, e anche ieri sera in casa di Mangiafoco, ho corso pericolo... Brrr! mi viene i bordoni soltanto a pensarci!

- Dunque, - disse la Volpe, - vuoi proprio andare a casa tua? Allora vai pure, e tanto peggio per te!

- Tanto peggio per te! - ripetè il Gatto.

- Pensaci bene, Pinocchio, perché tu dai un calcio alla fortuna.

- Alla fortuna! - ripetè il Gatto.

- I tuoi cinque zecchini, dall'oggi al domani sarebbero diventati duemila.

- Duemila! - ripetè il Gatto.

- Ma com'è mai possibile che diventino tanti? - domandò Pinocchio, restando a bocca aperta dallo stupore.

- Te lo spiego subito, - disse la Volpe. - Bisogna sapere che nel paese dei Barbagianni c'è un campo benedetto, chiamato da tutti il Campo dei miracoli. Tu fai in questo campo una piccola buca e ci metti dentro per esempio uno zecchino d'oro. Poi ricuopri la buca con un po' di terra: l'annaffi con due secchie d'acqua di fontana, ci getti sopra una presa di sale, e la sera te ne vai tranquillamente a letto. Intanto, durante la notte, lo zecchino germoglia e fiorisce, e la mattina dopo, di levata, ritornando nel campo, che cosa trovi? Trovi un bell'albero carico di tanti zecchini d'oro, quanti chicchi di grano può avere una bella spiga nel mese di giugno.

- Sicché dunque, - disse Pinocchio sempre più sbalordito, - se io sotterrassi in quel campo i miei cinque zecchini, la mattina dopo quanti zecchini ci troverei?

- è un conto facilissimo, - rispose la Volpe, - un conto che puoi farlo sulla punta delle dita. Poni che ogni zecchino ti faccia un grappolo di cinquecento zecchini: moltiplica il cinquecento per cinque e la mattina dopo ti trovi in tasca duemila cinquecento zecchini lampanti e sonanti.

- Oh che bella cosa! - gridò Pinocchio, ballando dall'allegrezza. - Appena che questi zecchini gli avrò raccolti, ne prenderò per me duemila e gli altri cinquecento di più li darò in regalo a voi altri due.

- Un regalo a noi? - gridò la Volpe sdegnandosi e chiamandosi offesa. - Dio te ne liberi!

- Te ne liberi! - ripetè il Gatto.

- Noi, - riprese la Volpe, - non lavoriamo per il vile interesse: noi lavoriamo unicamente per arricchire gli altri.

- Gli altri! - ripetè il Gatto.

- Che brave persone! - pensò dentro di sé Pinocchio: e dimenticandosi lì sul tamburo, del suo babbo, della casacca nuova, dell'Abbecedario e di tutti i buoni proponimenti fatti, disse alla Volpe e al Gatto:

- Andiamo pure. Io vengo con voi.


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[ Questo Messaggio è stato Modificato da: Cecilio il 29-04-2009 12:14 ]

GattoTiti

l'unica cosa bella di Pinocchio...
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Una fiaba che non ho mai amato

ziolupo

ah ...pensavo si parlasse di silvio per il resto son d'accordo con Titti

marcel

Pinocchio nelle intenzioni dell'autore è una favola noir, di quelle per fare un po' paura ai bambini, solo che il mondo conosce la versione dineyana sovraccarica di buoni sentimenti.
Il parco di Pinocchio non ha niente a che fare con la Disney, è pieno di lugubri sculture in ferro battuto tra tortuosi e paludosi sentieri... questa è la balena
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i bimbi escono da quel parco che sono tristissimi

Cecilio

GT, non è mai stata manco la mia favola preferita, che poi non si tratta neanche di una favola ma di un racconto, però è talmente piena di animali che abbiamo deciso di provare a scovarli tutti e a porci delle domande...

Ziolupo

Vero Marcel, niente a che vedere con Disney...

Ci sono stata con i miei alunni al parco e lo sai cosa hanno fatto? Hanno rubato il tesoro!!!!!! Una gita indimenticabile Non so da quale parte sono sbucati il gatto e la volpe e li hanno circuiti

Certe parti di Pinocchio sono davvero lugubri e i vari disegnatori hanno interpretato a loro modo i diversi passaggi...

Guardate questo come ha interpretato il gatto e la volpe...

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minmay

mattotti è un grande della matita!!forti i suoi gatto e volpe!

Cecilio

In questo capitolo vediamo apparire il Falco e il Can-barbone Medoro, vestito di tutto punto, sicuramente uno degli animali più umanizzati nel racconto... E poi il Corvo e la Civetta anche loro personaggi sicuramente antropomorfi, e il ritorno del Grillo che già era riapparso nel capitolo precedente presentadosi come l'ombra del Grillo Parlante...


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La bella Bambina dai capelli turchini fa raccogliere il burattino: lo mette a letto, e chiama tre medici per sapere se sia vivo o morto


In quel mentre che il povero Pinocchio impiccato dagli assassini a un ramo della Quercia grande, pareva oramai più morto che vivo, la bella Bambina dai capelli turchini si affacciò daccapo alla finestra, e impietositasi alla vista di quell'infelice che, sospeso per il collo, ballava il trescone alle ventate di tramontana, battè per tre volte le mani insieme, e fece tre piccoli colpi.

A questo segnale si sentì un gran rumore di ali che volavano con foga precipitosa, e un grosso falco venne a posarsi sul davanzale della finestra.


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- Che cosa comandate, mia graziosa Fata? - disse il Falco abbassando il becco in atto di reverenza (perché bisogna sapere che la Bambina dai capelli turchini non era altro, in fin dei conti, che una buonissima Fata, che da più di mill'anni abitava nelle vicinanze di quel bosco):

- Vedi tu quel burattino attaccato penzoloni a un ramo della Quercia grande?

- Lo vedo.

- Orbene: vola subito laggiù: rompi col tuo fortissimo becco il nodo che lo tiene sospeso in aria e posalo delicatamente sdraiato sull'erba a piè della Quercia.

Il Falco volò via e dopo due minuti tornò dicendo:

- Quel che mi avete comandato, è fatto.

- E come l'hai trovato? Vivo o morto?

- A vederlo, pareva morto, ma non dev'essere ancora morto perbene, perché, appena gli ho sciolto il nodo scorsoio che lo stringeva intorno alla gola, ha lasciato andare un sospiro, balbettando a mezza voce: "Ora mi sento meglio!".

Allora la Fata, battendo le mani insieme, fece due piccoli colpi, e apparve un magnifico Can-barbone, che camminava ritto sulle gambe di dietro, tale e quale come se fosse un uomo.

Il Can-barbone era vestito da cocchiere in livrea di gala. Aveva in capo un nicchiettino a tre punte gallonato d'oro, una parrucca bianca coi riccioli che gli scendevano giù per il collo, una giubba color di cioccolata coi bottoni di brillanti e con due grandi tasche per tenervi gli ossi che gli regalava a pranzo la padrona, un paio di calzoni corti di velluto cremisi, le calze di seta, gli scarpini scollati, e di dietro una specie di fodera da ombrelli, tutta di raso turchino, per mettervi dentro la coda, quando il tempo cominciava a piovere.


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Il can-barbone visto da Lorenzini


- Su da bravo, Medoro! - disse la Fata al Can-barbone; - Fai subito attaccare la più bella carrozza della mia scuderia e prendi la via del bosco. Arrivato che sarai sotto la Quercia grande, troverai disteso sull'erba un povero burattino mezzo morto. Raccoglilo con garbo, posalo pari pari su i cuscini della carrozza e portamelo qui. Hai capito?

Il Can-barbone, per fare intendere che aveva capito, dimenò tre o quattro volte la fodera di raso turchino, che aveva dietro, e partì come un barbero.

Di lì a poco, si vide uscire dalla scuderia una bella carrozzina color dell'aria, tutta imbottita di penne di canarino e foderata nell'interno di panna montata e di crema coi savoiardi. La carrozzina era tirata da cento pariglie di topini bianchi, e il Can-barbone, seduto a cassetta, schioccava la frusta a destra e a sinistra, come un vetturino quand'ha paura di aver fatto tardi.

Non era ancora passato un quarto d'ora, che la carrozzina tornò, e la Fata, che stava aspettando sull'uscio di casa, prese in collo il povero burattino, e portatolo in una cameretta che aveva le pareti di madreperla, mandò subito a chiamare i medici più famosi del vicinato.

E i medici arrivarono subito, uno dopo l'altro: arrivò, cioè, un Corvo, una Civetta e un Grillo-parlante.

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- Vorrei sapere da lor signori, - disse la Fata, rivolgendosi ai tre medici riuniti intorno al letto di Pinocchio, - vorrei sapere da lor signori se questo disgraziato burattino sia morto o vivo!...

A quest'invito, il Corvo, facendosi avanti per il primo, tastò il polso a Pinocchio: poi gli tastò il naso, poi il dito mignolo dei piedi: e quand'ebbe tastato ben bene, pronunziò solennemente queste parole:

- A mio credere il burattino è bell'e morto: ma se per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo!

- Mi dispiace, - disse la Civetta, - di dover contraddire il Corvo, mio illustre amico e collega: per me, invece, il burattino è sempre vivo; ma se per disgrazia non fosse vivo, allora sarebbe segno che è morto davvero!

- E lei non dice nulla? - domandò la Fata al Grillo-parlante.

- Io dico che il medico prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto. Del resto quel burattino lì non m'è fisonomia nuova: io lo conosco da un pezzo!...

Pinocchio, che fin allora era stato immobile come un vero pezzo di legno, ebbe una specie di fremito convulso, che fece scuotere tutto il letto.

- Quel burattino lì, - seguitò a dire il Grillo-parlante, - è una birba matricolata...

Pinocchio aprì gli occhi e li richiuse subito.

- è un monellaccio, uno svogliato, un vagabondo. Pinocchio si nascose la faccia sotto i lenzuoli.

- Quel burattino lì è un figliuolo disubbidiente, che farà morire di crepacuore il suo povero babbo!...

A questo punto si sentì nella camera un suono soffocato di pianti e di singhiozzi. Figuratevi come rimasero tutti, allorché sollevati un poco i lenzuoli, si accorsero che quello che piangeva e singhiozzava era Pinocchio.

- Quando il morto piange, è segno che è in via di guarigione, - disse solennemente il Corvo.

- Mi duole di contraddire il mio illustre amico e collega, - soggiunse la Civetta, - ma per me, quando il morto piange è segno che gli dispiace a morire.




marcel

Mi permetto di aggiungere la colonna sonora ...
Il più bel disco di Edoardo Bennato (secondo me) si intitola "burattino senza fili" ed è ispirato alla favola di Pinocchio.



Cecilio

Quote:

10-05-2009 alle ore 12:24, marcel wrote:
Il più bel disco di Edoardo Bennato (secondo me) si intitola "burattino senza fili" ed è ispirato alla favola di Pinocchio.



Concordo, sicuramente il più bel disco... sai che ce l'ho l'LP?

E questo brano è appunto ispirato all'episodio dei medici riuniti al capezzale di Pinocchio...

Grazie Marcel, non ci avevo pensato a questo collegamento...

Cecilio

In Pinocchio gli animali si susseguono in ogni capitolo...

I quattro conigli “neri come l’inchiostro”, di professione becchini: camminano su due zampe e portano a spalla la bara che sarebbe dovuta servire per Pinocchio (il quale non voleva prendere la medicina)…ma, come affermeranno loro stessi, avranno fatto il “viaggio a ufo”.

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Il giudice-scimmione, che condanna il burattino a quattro mesi di prigione per…essersi fatto derubare! Sicuramente un attacco alla giustizia... Il personaggio è descritto come “un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d'oro, senza vetri, che era costretto a portare continuamente, a motivo di una flussione d'occhi, che lo tormentava da parecchi anni”.


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La Marmotta che abita con Pinocchio al Paese dei Balocchi e che gli predice che diverrà presto un ciuchino. Marmotta sicuramente antropomorfa visto che abita in una casa, invece che sotto terra come tutte le marmotte.


La Lumaca, serva della Fata Turchina, che scende ad aprire al burattino. Collodi dice che è grossa e con “un lumicino acceso sul capo”.


Il pappagallo del paese di “Acchiappacitrulli”, che da un albero sfotte Pinocchio per essersi fatto fregare così ingenuamente le 4 monete d’oro dategli da Mangiafuoco....


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Il serpente che sbarra la strada al burattino appena uscito di prigione.... serpente che a parte il parlare e il ridere è rappresentato nelle sue vesti animali...

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Il colombo gigante che sulla sua groppa porta Pinocchio sulla riva del mare, in tempo per vedere Geppetto affondare con la sua barchetta…


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Il delfino che dà informazioni a Pinocchio sull’Isola delle “Api industriose”. ...


Ma ecco Pinocchio trasformarsi in Ciuchino... (Dove sia finito il nostro ancora me lo chiedo... ) In un vero asino non in un asino umanizzato... questo povero asino, ha sempre avuto delle connotazioni negative nella cultura popolare...



A Pinocchio gli vengono gli orecchi di ciuco, e poi diventa un ciuchino vero e comincia a ragliare


E questa sorpresa quale fu?

Ve lo dirò io, miei cari e piccoli lettori: la sorpresa fu che Pinocchio, svegliandosi, gli venne fatto naturalmente di grattarsi il capo; e nel grattarsi il capo si accorse...

Indovinate un po' di che cosa si accorse?

Si accorse con sua grandissima maraviglia che gli orecchi gli erano cresciuti più d'un palmo.


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Voi sapete che il burattino, fin dalla nascita, aveva gli orecchi piccini piccini: tanto piccini che, a occhio nudo, non si vedevano neppure! Immaginatevi dunque come restò, quando si poté scorgere che i suoi orecchi, durante la notte, erano così allungati, che parevano due spazzole di padule.

Andò subito in cerca di uno specchio, per potersi vedere: ma non trovando uno specchio, empì d'acqua la catinella del lavamano, e specchiandovisi dentro, vide quel che non avrebbe mai voluto vedere: vide, cioè, la sua immagine abbellita di un magnifico paio di orecchi asinini.

Lascio pensare a voi il dolore, la vergogna e la disperazione del povero Pinocchio!

Cominciò a piangere, a strillare, a battere la testa nel muro: ma quanto più si disperava, e più i suoi orecchi crescevano, crescevano e diventavano pelosi verso la cima. Al rumore di quelle grida acutissime, entrò nella stanza una bella Marmottina, che abitava il piano di sopra: la quale, vedendo il burattino in così grandi smanie, gli domandò premurosamente:

- Che cos'hai, mio caro casigliano?

- Sono malato, Marmottina mia, molto malato... e malato d'una malattia che mi fa paura! Te ne intendi tu del polso?

- Un pochino.

- Senti dunque se per caso avessi la febbre.

La Marmottina alzò la zampa destra davanti: e dopo aver tastato il polso di Pinocchio gli disse sospirando:

- Amico mio, mi dispiace doverti dare una cattiva notizia!...

- Cioè?

- Tu hai una gran brutta febbre!...

- E che febbre sarebbe?

- E' la febbre del somaro.

- Non la capisco questa febbre! - rispose il burattino, che l'aveva pur troppo capita.

- Allora te la spiegherò io, - soggiunse la Marmottina. - Sappi dunque che fra due o tre ore tu non sarai più burattino, né un ragazzo...

- E che cosa sarò?

- Fra due o tre ore, tu diventerai un ciuchino vero e proprio, come quelli che tirano il carretto e che portano i cavoli e l'insalata al mercato.

- Oh! Povero me! Povero me! - gridò Pinocchio pigliandosi con le mani tutt'e due gli orecchi, e tirandoli e strapazzandoli rabbiosamente, come se fossero gli orecchi di un altro.

- Caro mio, - replicò la Marmottina per consolarlo, - che cosa ci vuoi tu fare? Oramai è destino. Oramai è scritto nei decreti della sapienza, che tutti quei ragazzi svogliati che, pigliando a noia i libri, le scuole e i maestri, passano le loro giornate in balocchi, in giochi e in divertimenti, debbano finire prima o poi col trasformarsi in tanti piccoli somari.

- Ma davvero è proprio così? - domandò singhiozzando il burattino.

- Purtroppo è cosi! E ora i pianti sono inutili. Bisognava pensarci prima!

- Ma la colpa non è mia: la colpa, credilo, Marmottina, è tutta di Lucignolo!...

- E chi è questo Lucignolo!...

- Un mio compagno di scuola. Io volevo tornare a casa: io volevo essere ubbidiente: io volevo seguitare a studiare e a farmi onore... ma Lucignolo mi disse: "Perché vuoi annoiarti a studiare? Perché vuoi andare alla scuola? Vieni piuttosto con me, nel Paese dei Balocchi: lì non studieremo più: lì ci divertiremo dalla mattina alla sera e staremo sempre allegri".

- E perché seguisti il consiglio di quel falso amico? di quel cattivo compagno?

- Perché?... Perché, Marmottina mia, io sono un burattino senza giudizio... e senza cuore. Oh! se avessi avuto un zinzino di cuore, non avrei mai abbandonato quella buona Fata, che mi voleva bene come una mamma e che aveva fatto tanto per me!... E a quest'ora non sarei più un burattino... ma sarei invece un ragazzino a modo, come ce n'è tanti! Oh!... ma se incontro Lucignolo, guai a lui! Gliene voglio dire un sacco e una sporta!

E fece l'atto di volere uscire. Ma quando fu sulla porta, si ricordò che aveva gli orecchi d'asino, e vergognandosi di mostrarli al pubblico, che cosa inventò?... Prese un gran berretto di cotone, e, ficcatoselo in testa, se lo ingozzò fin sotto la punta del naso.

Poi uscì: e si dette a cercar Lucignolo dappertutto. Lo cercò nelle strade, nelle piazze, nei teatrini, in ogni luogo: ma non lo trovò. Ne chiese notizia a quanti incontrò per la via, ma nessuno l'aveva veduto.

Allora andò a cercarlo a casa: e arrivato alla porta bussò.

- Chi è? - domandò Lucignolo di dentro.

- Sono io! - rispose il burattino.

- Aspetta un poco, e ti aprirò.

Dopo mezz'ora la porta si aprì: e figuratevi come restò Pinocchio quando, entrando nella stanza, vide il suo amico Lucignolo con un gran berretto di cotone in testa, che gli scendeva fin sotto il naso.

Alla vista di quel berretto, Pinocchio sentì quasi consolarsi e pensò subito dentro di sé:

"Che l'amico sia malato della mia medesima malattia? Che abbia anche lui la febbre del ciuchino?..."

E facendo finta di non essersi accorto di nulla, gli domandò sorridendo:

- Come stai, mio caro Lucignolo?

- Benissimo: come un topo in una forma di cacio parmigiano.

- Lo dici proprio sul serio?

- E perché dovrei dirti una bugia?

- Scusami, amico: e allora perché tieni in capo codesto berretto di cotone che ti cuopre tutti gli orecchi?

- Me l'ha ordinato il medico, perché mi sono fatto male a questo ginocchio. E tu, caro burattino, perché porti codesto berretto di cotone ingozzato fin sotto il naso?

- Me l'ha ordinato il medico, perche mi sono sbucciato un piede.

- Oh! povero Pinocchio!...

- Oh! povero Lucignolo!...

A queste parole tenne dietro un lunghissimo silenzio, durante il quale i due amici non fecero altro che guardarsi fra loro in atto di canzonatura.

Finalmente il burattino, con una vocina melliflua e flautata, disse al suo compagno:

- Levami una curiosità, mio caro Lucignolo: hai mai sofferto di malattia agli orecchi?

- Mai!... E tu?

- Mai! Per altro da questa mattina in poi ho un orecchio, che mi fa spasimare.

- Ho lo stesso male anch'io.

- Anche tu?... E qual è l'orecchio che ti duole?

- Tutt'e due. E tu?

- Tutt'e due. Che sia la medesima malattia?

- Ho paura di sì?

- Vuoi farmi un piacere, Lucignolo?

- Volentieri! Con tutto il cuore.

- Mi fai vedere i tuoi orecchi?

- Perché no? Ma prima voglio vedere i tuoi, caro Pinocchio.

- No: il primo devi essere tu.

- No, carino! Prima tu, e dopo io!

- Ebbene, - disse allora il burattino, - facciamo un patto da buoni amici.

- Sentiamo il patto.

- Leviamoci tutt'e due il berretto nello stesso tempo: accetti?

- Accetto.

- Dunque attenti!

E Pinocchio cominciò a contare a voce alta:

- Uno! Due! Tre!

Alla parola ~tre!~ i due ragazzi presero i loro berretti di capo e li gettarono in aria.

E allora avvenne una scena, che parrebbe incredibile, se non fosse vera. Avvenne, cioè, che Pinocchio e Lucignolo, quando si videro colpiti tutt'e due dalla medesima disgrazia, invece di restar mortificati e dolenti, cominciarono ad ammiccarsi i loro orecchi smisuratamente cresciuti, e dopo mille sguaiataggini finirono col dare in una bella risata.

E risero, risero, risero da doversi reggere il corpo: se non che, sul più bello del ridere, Lucignolo tutt'a un tratto si chetò, e barcollando e cambiando colore, disse all'amico:

- Aiuto, aiuto, Pinocchio!

- Che cos'hai?

- Ohimè. Non mi riesce più di star ritto sulle gambe.

- Non mi riesce più neanche a me, - gridò Pinocchio, piangendo e traballando.

E mentre dicevano così, si piegarono tutt'e due carponi a terra e, camminando con le mani e coi piedi, cominciarono a girare e a correre per la stanza. E intanto che correvano, i loro bracci diventarono zampe, i loro visi si allungarono e diventarono musi e le loro schiene si coprirono di un pelame grigiolino chiaro, brizzolato di nero.

Ma il momento più brutto per què due sciagurati sapete quando fu? Il momento più brutto e più umiliante fu quello quando sentirono spuntarsi di dietro la coda. Vinti allora dalla vergogna e dal dolore, si provarono a piangere e a lamentarsi del loro destino.

Non l'avessero mai fatto! Invece di gemiti e di lamenti, mandavano fuori dei ragli asinini: e ragliando sonoramente, facevano tutt'e due coro: ~j-a, j-a, j-a~.

In quel frattempo fu bussato alla porta, e una voce di fuori disse:

- Aprite! Sono l'Omino, sono il conduttore del carro che vi portò in questo paese. Aprite subito, o guai a voi!




frida73

Quote:

29-04-2009 alle ore 15:20, marcel wrote:
Pinocchio nelle intenzioni dell'autore è una favola noir, di quelle per fare un po' paura ai bambini, solo che il mondo conosce la versione dineyana sovraccarica di buoni sentimenti.
Il parco di Pinocchio non ha niente a che fare con la Disney, è pieno di lugubri sculture in ferro battuto tra tortuosi e paludosi sentieri... questa è la balena
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i bimbi escono da quel parco che sono tristissimi



E Marcel, da bravo NON fiorentino, non sa che Geppetto non è stato inghiottito da una balena, ma da un feroce pescecane...e lo stesso tutta la buonista famiglia Disney

Marcel....mai sentito parlare di fanoni?
servono alle balene per trattenere il plancton, leggi invece la descrizione che il caro Lorenzini fa del terribile mostro...altro che gatto Figaro e pesciolino Cleo

Una cosa che mi ha sempre meravigliato data la notorietà del romanzo, è che almeno il 70 per cento dei toscani è pronto a giurare che il libro parli di balena e non di pescecane

Letto e riletto migliaia di volte, sia da piccina che da ragazza, Pinocchio è un capolavoro della lingua Italiana, Collodi un genio per la saggezza che è riuscito a nascondere in un libro per ragazzi sotto le vesti e le parole di animali fuori dagli schemi, dal Grillo, al CanBarbone, al Tonno, alla Capretta e alla Civetta, e allo stesso pescecane, l'unico a cui ha deciso di non dar voce....

Che piaccia o no, che sia stato interamente capito o no nella sua essenza e nei suoi insegnamenti, non mi stupisce che sia stato tradotto in quasi tutte le lingue del mondo, perdendo ovviamente tanto.

Una particolarità....caratteristica fondamentale del burattino...quella di non avere orecchie per ascoltare i continui moniti che la natura gli offre...a parte quando si trasforma in un Ciuco


Ps: Stata a Pescia, visitato Collodi. Stupendo
Ho una foto in cui abbraccio il gatto e bacio la mano alla volpe

marcel

veramente lo so che non è una balena ma un pescecane,
però nel parco di Collodi hanno messo una balena, e siccome dicono che fare un giro anche al suo interno porti molta fortuna, di qui il famoso detto "in c**o alla balena" per augurare la buona sorte

frida73

Quote:

16-05-2009 alle ore 19:55, marcel wrote:
veramente lo so che non è una balena ma un pescecane,
però nel parco di Collodi hanno messo una balena, e siccome dicono che fare un giro anche al suo interno porti molta fortuna, di qui il famoso detto "in c**o alla balena" per augurare la buona sorte







lo sapevo che saresti arrivato subito, va che scorpione

ehm....ma davvero il detto arriva da lì...? Non ci credo.....

marcel

che pirla, ci hai quasi creduto... cosa stai cercando " in c**o alla balena " su google?

frida73

ma vaf*****o

Cecilio

che scemi

In effetti non ho mai capito perchè si parli sempre di balena quando è scritto chiaro e tondo PESCECANE

E la vogliamo mettere questa foto Frida?

Cecilio

Ho trovato questa notizia:

Una delle punizioni per i ragazzi svogliati, era quella di dover andare in giro per le classi con addosso la scritta asino. Ai tempi di Collodi, in talune scuole della Toscana, veniva utilizzata una specie di benda fatta di carta con due grosse orecchie d’asino.


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Franco Viola scrive la sua storia di Pinocchio su pagine di legno di ulivo di Gaeta in cui racconta la sua fanciullezza vissuta nell'immediato dopoguerra.



[ Questo Messaggio è stato Modificato da: Cecilio il 16-05-2009 21:19 ]

frida73

Quote:

16-05-2009 alle ore 20:52, Cecilio wrote:

E la vogliamo mettere questa foto Frida?




entro in assidua ricerca, poi scannerizzo (è di 15 anni fa)
ma mi sa che ce le ha Pat....chiedo, ce ne abbiamo anche una all'osteria del gambero rosso


due ubriaconi