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  >>  Diritti degli animali  >>  Sanzionato il proprietario che non cerca il proprio cane - Discussione n 66801 - PermaLink
   Sanzionato il proprietario che non cerca il proprio cane
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Inizio discussione    ( Nessuna risposta )
goan
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  Post Inserito 23-05-2011 alle ore 10:33   
Se il cane ha il microchip il proprietario avrebbe dovuto adoperarsi per ritrovare il cane denunciandone la scomparsa

Inutile invocare lo smarrimento del cane per evitare la condanna prevista per il reato di abbandono di animali. Se il cane ha il microchip il proprietario avrebbe dovuto adoperarsi per ritrovare il cane denunciandone la scomparsa, non avendolo fatto, la presunzione dello smarrimento non regge : l’animale è stato abbandonato e il padrone paga la sanzione prevista dalla legge. Nel caso in esame, il Tribunale di Lecce dichiarava il proprietario di un cane, imputato del delitto di abbandono di animali, colpevole di tale reato e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di Euro 1.000,00 di ammenda. Troppo poco, a nostro avviso, per chi mette in atto un comportamento gravemente riprovevole quale l’abbandono di un animale. Il Tribunale individuava la responsabilità dell’imputato sulla base di due circostanze, ovvero la testimonianza del medico veterinario che riferiva il rinvenimento di un cane munito di microchip all’interno dell’abitazione di una terza persona e la dichiarazione di quest’ultima, attestante il ritrovamento del cane nei pressi della propria abitazione alcuni mesi prima in condizioni di totale denutrizione e malato, cui era seguita dopo qualche tempo la denuncia al servizio veterinario. Avverso tale pronuncia, l’imputato, faccia di bronzo, ha promosso ricorso per Cassazione. Tentativo fallito, la Suprema Corte, con la Sentenza n. 18892/2011, ha rigettato il ricorso. Che si inventa il proprietario ? Il cane si sarebbe smarrito durante una battuta di caccia e avrebbe compiuto inutilmente delle ricerche nella immediatezza e anche il giorno dopo. La Corte ha rilevato che è agevole osservare che il primo giudice, sulla base di un ragionamento, seppure sintetico, pienamente coerente con il complessivo quadro probatorio esaminato e soprattutto logico, ha correttamente concluso per la certezza della condotta di abbandono, desumendola da due elementi ritenuti, a ragione, sintomatici : il rinvenimento dell’animale presso l’abitazione di altri che provvedeva successivamente a fare denuncia al servizio veterinario e la mancata presentazione della denuncia di smarrimento, ove mai tale circostanza si fosse verificata, da parte del legittimo proprietario del cane. Da qui la conseguenza, condivisibile sul piano logico, tratta dal giudice in merito alla poca verosimiglianza della tesi difensiva dello smarrimento, stante che, se ciò fosse davvero avvenuto, proprio perché il cane era dotato di microchip, sarebbe stato logico attendersi che fosse stato il proprietario a adoperarsi per ritrovare il cane denunciandone la scomparsa. In altri termini il Tribunale, anche a voler dare per credibile in via ipotetica la tesi della perdita, ha poi tratto la logica conclusione che a tale presunta perdita non è mai seguito alcun serio tentativo di ritrovamento del cane, così pervenendo alla conclusione di una volontà da parte del proprietario dell’abbandono. La circostanza dello smarrimento è stata esclusa in modo logico dal Tribunale. Inoltre, la nozione di abbandono enunciata dal primo comma dell’art. 727 c.p. postula una condotta a ampio raggio che include anche la colpa intesa quale inerzia nella ricerca immediata dell’animale. Colpa certamente compatibile con la natura del reato contestato, versandosi in tema di contravvenzione, con il che non si esige per la punibilità dell’agente soltanto la volontarietà dell’abbandono ma anche l’attuazione di comportamenti inerti incompatibili con la volontà di tenere con sé il proprio animale.
Tale inerzia, in controtendenza con l’accresciuto senso di rispetto verso l’animale in genere è avvertita nella coscienza sociale quale una ulteriore manifestazione della condotta di abbandono che va, pertanto, interpretato in senso ampio e non in senso rigidamente letterale, in ossequio al significato etimologico del termine. Nella ipotesi dell’abbandono di animali viene delineata in modo la nozione di abbandono da intendersi non solo quale precisa volontà di abbandonare definitivamente l’animale, ma di non prendersene cura ben consapevole della incapacità dell’animale di non poter provvedere a sé stesso, al contrario di quando era affidato alle cure del proprio padrone. Il concetto della trascuratezza, intesa quale vera e propria noncuranza verso l’altrui sorte, evoca quindi l’elemento della colpa che, al pari del dolo, rientra tra gli elementi costitutivi del reato contestato.

Anna Teresa Paciotti (http://www.studiolegalelaw.net/consulenza-legale/28815)



Allegati :  Cass. Sez. Terza Pen. - Sent. del 13.05.2011, n. 18892.doc   
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